lunedì 1 febbraio 2016

Firenze Marathon 2015

Un solo obiettivo: godermela.
Tutta.
A Firenze la fine di novembre del 2010 avevo corso la mia prima maratona.
O meglio, ne avevo corso i primi 30 chilometri.
I successivi 12 e rotti erano stati un calvario di crampi, corsette e forza di volontà, più che altro per non arrivare alla seconda come fosse ancora la prima.
In realtà, in questi anni, ho sempre ricordato quella prima maratona, corsa con preparazione assolutamente insufficiente ed inadeguata, con una soddisfazione ed un orgoglio forse non più eguagliati, tanto da ripromettermi di correrla di nuovo una volta che fossi stato un po' più solido sulla distanza.
Ecco, in questi anni ho imparato che la solidità sulla maratona, di sicuro non è fatta di certezze.
E' fatta di esperienza, di tentativo di interpretare e gestire la gara a seconda della preparazione e della giornata, ma non certezze, quelle mai.
Firenze arriva al termine di alcuni mesi di corse a spizzichi e bocconi, con un filo rosso che le attraversa tutte.
Non so perchè, ma vado decisamente più piano di un anno fa.
Arrivo quindi a Firenze senza nessuna velleità di poter tentare il personale, siamo ben lontani.
A maggior ragione, godiamocela.
ho un'idea approssimativa del passo che potrò tenere, ma vedremo.
Parto sui 5'05, ma più o meno a metà gara vedo che il cuore inizia ad andare un po' troppo veloce per poter reggere fino in fondo quel ritmo senza pagare dazio.
Rallento leggermente, so che nel parco delle cascine si passeggia, ma poi in zona stadio si soffre.
Senza troppo pensarci, mi trovo in centro e capisco di essere stanco, per cui rallento ancora, non voglio finire coi crampi anche stavolta.
In realtà i chilometri passano, qualche accenno di esaurimento muscolare inizia ad esserci, rallento ancora, non voglio assolutamente fermarmi, i passaggi in centro con la tantissima gente che questa volta aiuta molto, danno energie supplementari (cinque anni fa il diluvio universale aveva tolto tanto tifo dalle strade).
Gli ultimi quattro chilometri sono duri, tengo a stento, poi vedrò dai passaggi chilometrici che vado piano ma non troppo, forse qualcosa l'ho imparato davvero.
Arrivo a Santa Croce in più di 3 ore e 40, lontano dal personale, ma anche ben lontano dalle 4 ore e 16 di quella prima bellissima maratona.
Me la sono goduta, è vero, ma ho anche capito che l'emozione di quel giorno del 2010 resterà unica.

Val di Fassa Running 2015



Contavo di scrivere un post ogni giorno, ma alla fine ha prevalso il desiderio di godersela fino in fondo, questa gara durata cinque giorni.
Mi fa strano chiamarla gara, anche se come sempre la componente agonistica esce prepotente, e l'obiettivo dei primi cento della classifica generale ha ravvivato le ultime tappe.
Sì, perchè, contro ogni previsione, invece di soffrire sempre di più, è successo che le mie gambe si sono in un certo senso abituate ad andare su e giù e non più in piano, per cui le sensazioni, di giorno in giorno, sono decisamente migliorate, fino ad arrivare alle ultime due tappe in cui non c'era più dolore; stanchezza sì, ma non più dolore.
Ho cercato di tenere in salita, devo proprio imparare ad andare in salita, lì mi passavano sempre tutti, e mi sono buttato a rotta di collo in discesa, forte dell'incoscienza di chi non si è mai fatto male cadendo.
Superato il battesimo della prima difficilissima tappa, le seguenti quattro sono state un appuntamento atteso ogni giorno, ma non più così temuto.
Solo il tappone finale, con la sua salita continua, mi spaventava un po', anche se, conquistata la centesima posizione in classifica il giorno prima, ero quasi sicuro di non poterla in ogni caso conservare in una tappa senza discesa, e quindi l'ho affrontato con relativa tranquillità.
Invece ho avuto la bella sorpresa di restarci, alla fine, nei primi cento, e questo è stato un motivo di soddisfazione in più, visto che alla vigilia non ero nemmeno sicuro di poterla portare a termine, questa settimana.
Porto a casa tante sensazioni positive, vissute con l'appuntamento fisso con quegli amici con cui ogni giorno ho condiviso qualche minuto prima e dopo le varie tappe.
Ho corso bene e mi sono divertito su terreni diversi dall'asfalto, ho scoperto che ero l'unico a cui l'orologio suonava ogni chilometro, mi sono ritrovato ad essere sempre un po' meno un pesce fuor d'acqua in mezzo a tanta gente che il pettorale non se lo spilla sulla maglietta ma lo lascia pendere davanti ai pantaloncini.
Impareggiabile poi l'arrivo sull'altopiano del Ciampedie, coloratissimo per l'occasione del nostro arrivo.
Non dico che correrei sempre così, ma una volta ogni tanto non mi dispiacerà rientrare in questa dimensione parallela.
Basta guardare la foto che ho messo qui per capire il perchè. 


Maratona del Lago Maggiore 2015


Autunno senza grosse pretese, dopo un anno dall'ultima 42k, provo a cimentarmi di nuovo sulla distanza, ma durante tutta l'estate l'evidenza è di essere decisamente carente nella resistenza alla distanza.
Tutti i lunghi sono molto lenti, ben sopra i tempi di un anno fa, e le velleità di prestazione, più che svanire, non nascono nemmeno.
Con queste premesse mi avvicino all'obiettivo di Firenze, e decido in itinere di fare tappa sul lago maggiore per correre uno dei tanti lunghi che sicuramente mi serviranno per arrivare in toscana con una preparazione per lo meno dignitosa.
La giornata sul lago Maggiore è piuttosto grigia, i partecipanti alla maratona non sono molti, di più quelli che corrono la mezza, ma oggi per me è un allenamento che durerà 35km, dopo di che il programma è di fare una passeggiata fino all'arrivo di Verbania.
L'idea è di stare sui 5'15 al km, in tranquillità, se possibile.
Pronti via, e dopo 4 chilometri, il garmin si pianta e non c'è verso non solo di farlo ripartire, ma nemmeno di spegnerlo.
Comincia così, per cause di forza maggiore, un allenamento totalmente a sensazione, non ho più il passo nè la frequenza cardiaca a dirmi come sto andando, solo il respiro e le gambe.
Resisto fino al giro di boa posto poco dopo la mezza maratona, poi vorrei chiedere a qualcuno che passo stiamo tenendo, ma non è facile, i concorrenti sono pochi e sto correndo da solo.
Vedo qualcuno che all'orizzonte si avvicina, piano piano lo raggiungo e lo affianco.
Chiedo.
Risposta: "io sto andando a più di 6".
Certo, ma fin qui a quanto sei arrivato? Non lo sa.
Raccolgo tre o quattro pareri di questo tenore, finchè finalmente non incappo in un più verosimile 5'12/km.
Lo prendo per buono.
Intanto i chilometri passano e mi accorgo di stare bene, tanto da avere il dubbio di essere troppo lento, magari anche Mr. 5'12 tutto sommato potrebbe essersi sbagliato.
Accelero leggermente e supero qualche altro maratoneta incappato nel muro del trentesimo chilometro.
Arrivato al cartello che recita 35, smetto di correre, quasi a malincuore, e comincio la mia lunga passeggiata.
Resisto 4 chilometri, dopo di che la noia e il freddo mi fanno optare per un defaticante fino all'arrivo.
Appena prima del rettilineo finale finalmente incontro un display che mi informa che sono ampiamente sotto le 4 ore, nonostante la passeggiata di salute di poco prima.
Sotto il traguardo saranno 3h51', cosa che ritengo mi dia il diritto di farmi mettere al collo una medaglia.
Per un allenamento non c'è male.