venerdì 8 aprile 2016

Milano Marathon 2016

Dopo la prova discreta ma non esaltante di Siviglia, considerato che comunque avevo finito bene, senza grossi patemi e senza risentimenti fisici eccessivi, avevo deciso di completare il filotto delle quattro maratone da ottobre, arrivando fino a Milano.
La data era anche abbastanza favorevole, poche settimane dopo Siviglia, considerato il periodo di riposo e lo scarico pre-gara, mi sarebbe bastato un solo lungo e una serie di allenamenti di mantenimento.
In effetti, tra ottobre e marzo, ho corso ben dieci volte distanze superiori ai 30 chilometri, comprese tre maratone complete.
Un periodo così continuo di adattamento alla lunga distanza, prima o poi o porta a infortunarsi, o porta i suoi frutti.
Il risultato su di me è stato prima di tutto a livello mentale, la distanza non mi mette nessuna ansia ultimamente, complice il fatto che forse solo un paio di volte in queste dieci (e mai in gara) sono arrivato alla fine stremato.
L'ultimo lungo da 30km però aveva avuto un esito non brillantissimo, con un po' di rallentamento nel finale e troppa stanchezza nei giorni successivi.
Arrivo a Milano comunque con poco da perdere, non ci sono in ballo grosse ambizioni cronometriche, so di essere poco distante dal passo del personale del 2014, ma allo stesso tempo di non poterlo sicuramente superare.
La tattica di gara è sempre la stessa delle ultime volte, sul quadrante del GPS visualizzo solo la frequenza cardiaca e la distanza.
Il passo non lo voglio guardare, la frequenza è una guida sufficiente e mi permette di interpretare meglio la giornata.
L'inizio è tranquillo, non ho nessun tipo di nervosismo, fin da subito si corre bene e fin da subito il percorso ci mette di fronte qualche strappetto in cui cerco di stare concentrato per non esagerare con l'impegno muscolare.
Riduco l'ampiezza del passo e mi lascio superare senza preoccupazione.
La città si lascia attraversare piacevolmente, il clima è favorevole, solo leggermente troppo caldo, ma le nuvole che coprono il sole danno una mano.
Qualche goccia di pioggia forse avrebbe aiutato, ma avrebbe anche tenuto lontane tante delle persone che si trovano lungo il percorso, e che sono sempre molto d'aiuto.
Percorro diversi chilometri dietro i palloncini delle 3 ore e 45, non per volontà, ma perchè sento che il passo giusto è lo stesso loro.
C'è troppa gente, e verso il decimo chilometro allungo un po' per superarli.
L'errore da principiante è subito palese, poco dopo c'è il ristoro, in cui cammino per qualche passo per bere con più facilità, e subito vengo di nuovo risucchiato nella mischia.
Sto tranquillo ancora qualche chilometro, poi, verso il sedicesimo, decido di tornare a sopravanzarli, davanti a loro la strada è decisamente più libera.
Questa volta riesco a restare davanti, anzi, pur sentendo che il mio passo è sempre confortevole, vedo che poco a poco rimangono qualche metro indietro.
Comincia una fase molto strana, in cui sento che le gambe girano facilmente, il cuore rimane sempre al posto giusto e io lascio fare.
In realtà poi l'analisi dei dati mi dirà che non ci sono state grosse variazioni di ritmo, ma le sensazioni sono ottime.
Nessun segnale di stanchezza, e siamo quasi al trentesimo chilometro.
Quando passo davanti alla terza zona cambio della staffetta, quella in cui avevo atteso lo scorso anno, mancano poco più di dieci chilometri e sono in pieno controllo, fisico e mentale.
Ancora più fiducia mi deriva dal fatto che da qui in poi conosco il percorso e il rivedere luoghi più familiari mi aiuta molto.
La mia testa analizza tutti i luoghi che attraverso, e tutta quest'ultima parte vive del confronto inconscio tra le sensazioni dello scorso anno, in cui in questi pochi chilometri si era concentrata tutta la mia gara, e quelle attuali, che sono invece di quasi fine della fatica.
Qualche maratona però l'ho già corsa, e so che il conto si può presentare ed essere salato in qualsiasi momento.
Quindi cerco di rimanere costante.
La solita analisi delle posizioni intermedie mi dirà che tra il rilevamento al decimo chilometro e l'arrivo, avrò guadagnato circa 600 posizioni, solo tenendo un passo costante.
So di non aver mai esagerato (me lo dicono le sensazioni e il controllo costante della frequenza cardiaca, mai fuori giri come invece era successo a Siviglia), mi sono ben idratato e mi sono bagnato ogni volta che mi era possibile.
Sto bene, per quanto si può stare bene negli ultimi chilometri di una maratona.
Passaggio al parco Sempione, so che manca davvero poco.
Cartello del quarantunesimo chilometro, vedo poco davanti l'amico Cristian, corre piano ma corre, nel passarlo lo saluto e mi rendo conto di avere ancora la possibilità di un ultimo chilometro in spinta.
Allora ci dò dentro.
So che i secondi che guadagnerò non avranno nessuno scopo per stare sotto qualche muro o per la classifica o per il personale, che è ben lontano.
Ci dò dentro per il gusto di farlo, per il gusto di finire forte una maratona, e conservarne il ricordo migliore possibile.
La salita dei bastioni di porta Venezia è dura, ma so che poi da lì è davvero finita, resta solo da godersi il rettilineo finale.
Paradossalmente, ne ho di più dello scorso anno, quando quasi non respiravo in quel punto.
All'inizio della discesa ci sono i cartelli che indicano la distanza dell'arrivo, dai 500 metri a scalare.
Ancora di più un'iniezione di energia.
Sarà il chilometro di gran lunga più veloce di tutta la maratona, corso in meno di 4 minuti e mezzo.
Alzo le braccia per tagliare il traguardo, nessun risultato trascendentale, ma mi sono divertito.
Eccome, se mi sono divertito.
Scrivendo questo resoconto a qualche giorno di distanza, non posso non annotare il fatto che per la prima volta dopo quindici maratone, già dal lunedi non ho nessun tipo di dolore muscolare, le gambe sono stanche ma assolutamente rilassate.
Il dubbio che avrei potuto fare di più, un po' mi viene, ma tutto sommato va benissimo così, sono convinto che la gestione sia stata ottima, magari avrei potuto limare qualcosa, ma il confine tra il dare il massimo e lo sbattere contro il muro a volte è molto sottile, e di gran lunga preferisco finire con la sensazione che avrei potuto andare un pochino più forte, piuttosto che col rimpianto di aver esagerato nella prima parte, costringendomi a un calvario nella seconda.
Filotto completato, quattro maratone corse da ottobre, tempi modesti, tutti tra le tre ore e 40 e le tre ore e 50, ma mai un crampo e mai un muro.
Adesso comincia una fase di rigenerazione e potenziamento, qualche salita in vista della val di Fassa e poi con tranquillità si pensa all'autunno

martedì 29 marzo 2016

Maratona di Siviglia

Bellissima città, Siviglia, e molto più grande di quanto mi aspettassi. 
Già dal sabato, utilizzato per gita al Marathon Expo e giro turistico nel pomeriggio, noto con un po' di apprensione la riga verde che si ritrova quasi ovunque, a ogni strada il pensiero è: anche da qui dovremo passare!
Domenica mattina, con i miei improvvisati compagni di avventura, prendiamo un taxi che ci porta allo stadio olimpico già intorno alle 7.
Siamo tra i primi, la giornata sembra annunciarsi calda e un po' ventosa, non esattamente il meteo più auspicabile...d'altra parte il pomeriggio precedente giravamo in maglietta!
La partenza è molto ben organizzata, stradone a 4 corsie, che permette fin da subito di impostare il passo voluto.
Il mio è molto ipotetico, considerando che non mi sono quasi allenato nelle due settimane precedenti la gara per una brutta infiammazione dello sciatico destro.
So quindi di non poter ambire a nulla di particolare, anche se alcuni lunghi li ho corsi su un buon ritmo, ma qui sarà un'altra storia.
Fin dai primi chilometri c'è tanta gente sul percorso, il che fa piacere e aiuta a procedere con buon passo.
Sono conservativo, credo...non so esattamente, visto che ho deciso di correre guardando semplicemente il cardiofrequenzimetro, il passo sarà una sorpresa che mi svelerò solo a fine gara.
Fin dalla mezza maratona, però, la frequenza tende a salire un po' troppo.
Provo a rallentare, ma mi rendo conto che per tenerla controllata come vorrei, sarei costretto quasi a camminare.
Il caldo aumenta, il mio passo rallenta un poco ma non ho mai la voglia di fermarmi.
I chilometri passano, dopo il trentesimo chilometro si entra nella parte più bella della città e la gente aumenta.
Purtroppo aumenta anche la temperatura, intorno al 35esimo chilometro vedo un termometro che segna 22 gradi.
Per fortuna i ristori sono molto frequenti, ogni 2-3 chilometri c'è possibilità di bere e bagnarsi.
Mi rendo conto che, con il mio passettino stanco, sto comunque superando qualcuno...scoprirò alla fine che questa è una percezione sbagliata, in realtà tra il 25esimo e la fine della gara recupererò 1200 posizioni!
Gli ultimi chilometri sono comunque difficili, non ho grossi rallentamenti e non ho mai la tentazione di camminare, ma il respiro comincia a diventare più difficile, e le gambe pesanti.
In prossimità dello stadio olimpico la gente al bordo della strada comincia a diradarsi, il caldo diventa soffocante e la voglia di finire è tanta.
Finalmente vedo il tunnel che fa da ingresso allo stadio.
Il cambio di prospettiva è impressionante, si passa dalla strada alla pista in tartan rosso che circonda il prato verdissimo; alzando lo sguardo le tribune sono per buona parte gremite, è una sensazione splendida, che gli organizzatori della maratona permettono di godere dal primo all'ultimo metro disponibile, con un giro di pista quasi completo.
Taglio il traguardo a braccia alzate, due settimane prima non sapevo nemmeno se sarei riuscito a partire per questa gara; l'averla finita tutta correndo è senza dubbio una grossa soddisfazione.

lunedì 1 febbraio 2016

Firenze Marathon 2015

Un solo obiettivo: godermela.
Tutta.
A Firenze la fine di novembre del 2010 avevo corso la mia prima maratona.
O meglio, ne avevo corso i primi 30 chilometri.
I successivi 12 e rotti erano stati un calvario di crampi, corsette e forza di volontà, più che altro per non arrivare alla seconda come fosse ancora la prima.
In realtà, in questi anni, ho sempre ricordato quella prima maratona, corsa con preparazione assolutamente insufficiente ed inadeguata, con una soddisfazione ed un orgoglio forse non più eguagliati, tanto da ripromettermi di correrla di nuovo una volta che fossi stato un po' più solido sulla distanza.
Ecco, in questi anni ho imparato che la solidità sulla maratona, di sicuro non è fatta di certezze.
E' fatta di esperienza, di tentativo di interpretare e gestire la gara a seconda della preparazione e della giornata, ma non certezze, quelle mai.
Firenze arriva al termine di alcuni mesi di corse a spizzichi e bocconi, con un filo rosso che le attraversa tutte.
Non so perchè, ma vado decisamente più piano di un anno fa.
Arrivo quindi a Firenze senza nessuna velleità di poter tentare il personale, siamo ben lontani.
A maggior ragione, godiamocela.
ho un'idea approssimativa del passo che potrò tenere, ma vedremo.
Parto sui 5'05, ma più o meno a metà gara vedo che il cuore inizia ad andare un po' troppo veloce per poter reggere fino in fondo quel ritmo senza pagare dazio.
Rallento leggermente, so che nel parco delle cascine si passeggia, ma poi in zona stadio si soffre.
Senza troppo pensarci, mi trovo in centro e capisco di essere stanco, per cui rallento ancora, non voglio finire coi crampi anche stavolta.
In realtà i chilometri passano, qualche accenno di esaurimento muscolare inizia ad esserci, rallento ancora, non voglio assolutamente fermarmi, i passaggi in centro con la tantissima gente che questa volta aiuta molto, danno energie supplementari (cinque anni fa il diluvio universale aveva tolto tanto tifo dalle strade).
Gli ultimi quattro chilometri sono duri, tengo a stento, poi vedrò dai passaggi chilometrici che vado piano ma non troppo, forse qualcosa l'ho imparato davvero.
Arrivo a Santa Croce in più di 3 ore e 40, lontano dal personale, ma anche ben lontano dalle 4 ore e 16 di quella prima bellissima maratona.
Me la sono goduta, è vero, ma ho anche capito che l'emozione di quel giorno del 2010 resterà unica.

Val di Fassa Running 2015



Contavo di scrivere un post ogni giorno, ma alla fine ha prevalso il desiderio di godersela fino in fondo, questa gara durata cinque giorni.
Mi fa strano chiamarla gara, anche se come sempre la componente agonistica esce prepotente, e l'obiettivo dei primi cento della classifica generale ha ravvivato le ultime tappe.
Sì, perchè, contro ogni previsione, invece di soffrire sempre di più, è successo che le mie gambe si sono in un certo senso abituate ad andare su e giù e non più in piano, per cui le sensazioni, di giorno in giorno, sono decisamente migliorate, fino ad arrivare alle ultime due tappe in cui non c'era più dolore; stanchezza sì, ma non più dolore.
Ho cercato di tenere in salita, devo proprio imparare ad andare in salita, lì mi passavano sempre tutti, e mi sono buttato a rotta di collo in discesa, forte dell'incoscienza di chi non si è mai fatto male cadendo.
Superato il battesimo della prima difficilissima tappa, le seguenti quattro sono state un appuntamento atteso ogni giorno, ma non più così temuto.
Solo il tappone finale, con la sua salita continua, mi spaventava un po', anche se, conquistata la centesima posizione in classifica il giorno prima, ero quasi sicuro di non poterla in ogni caso conservare in una tappa senza discesa, e quindi l'ho affrontato con relativa tranquillità.
Invece ho avuto la bella sorpresa di restarci, alla fine, nei primi cento, e questo è stato un motivo di soddisfazione in più, visto che alla vigilia non ero nemmeno sicuro di poterla portare a termine, questa settimana.
Porto a casa tante sensazioni positive, vissute con l'appuntamento fisso con quegli amici con cui ogni giorno ho condiviso qualche minuto prima e dopo le varie tappe.
Ho corso bene e mi sono divertito su terreni diversi dall'asfalto, ho scoperto che ero l'unico a cui l'orologio suonava ogni chilometro, mi sono ritrovato ad essere sempre un po' meno un pesce fuor d'acqua in mezzo a tanta gente che il pettorale non se lo spilla sulla maglietta ma lo lascia pendere davanti ai pantaloncini.
Impareggiabile poi l'arrivo sull'altopiano del Ciampedie, coloratissimo per l'occasione del nostro arrivo.
Non dico che correrei sempre così, ma una volta ogni tanto non mi dispiacerà rientrare in questa dimensione parallela.
Basta guardare la foto che ho messo qui per capire il perchè. 


Maratona del Lago Maggiore 2015


Autunno senza grosse pretese, dopo un anno dall'ultima 42k, provo a cimentarmi di nuovo sulla distanza, ma durante tutta l'estate l'evidenza è di essere decisamente carente nella resistenza alla distanza.
Tutti i lunghi sono molto lenti, ben sopra i tempi di un anno fa, e le velleità di prestazione, più che svanire, non nascono nemmeno.
Con queste premesse mi avvicino all'obiettivo di Firenze, e decido in itinere di fare tappa sul lago maggiore per correre uno dei tanti lunghi che sicuramente mi serviranno per arrivare in toscana con una preparazione per lo meno dignitosa.
La giornata sul lago Maggiore è piuttosto grigia, i partecipanti alla maratona non sono molti, di più quelli che corrono la mezza, ma oggi per me è un allenamento che durerà 35km, dopo di che il programma è di fare una passeggiata fino all'arrivo di Verbania.
L'idea è di stare sui 5'15 al km, in tranquillità, se possibile.
Pronti via, e dopo 4 chilometri, il garmin si pianta e non c'è verso non solo di farlo ripartire, ma nemmeno di spegnerlo.
Comincia così, per cause di forza maggiore, un allenamento totalmente a sensazione, non ho più il passo nè la frequenza cardiaca a dirmi come sto andando, solo il respiro e le gambe.
Resisto fino al giro di boa posto poco dopo la mezza maratona, poi vorrei chiedere a qualcuno che passo stiamo tenendo, ma non è facile, i concorrenti sono pochi e sto correndo da solo.
Vedo qualcuno che all'orizzonte si avvicina, piano piano lo raggiungo e lo affianco.
Chiedo.
Risposta: "io sto andando a più di 6".
Certo, ma fin qui a quanto sei arrivato? Non lo sa.
Raccolgo tre o quattro pareri di questo tenore, finchè finalmente non incappo in un più verosimile 5'12/km.
Lo prendo per buono.
Intanto i chilometri passano e mi accorgo di stare bene, tanto da avere il dubbio di essere troppo lento, magari anche Mr. 5'12 tutto sommato potrebbe essersi sbagliato.
Accelero leggermente e supero qualche altro maratoneta incappato nel muro del trentesimo chilometro.
Arrivato al cartello che recita 35, smetto di correre, quasi a malincuore, e comincio la mia lunga passeggiata.
Resisto 4 chilometri, dopo di che la noia e il freddo mi fanno optare per un defaticante fino all'arrivo.
Appena prima del rettilineo finale finalmente incontro un display che mi informa che sono ampiamente sotto le 4 ore, nonostante la passeggiata di salute di poco prima.
Sotto il traguardo saranno 3h51', cosa che ritengo mi dia il diritto di farmi mettere al collo una medaglia.
Per un allenamento non c'è male.