Dopo la prova discreta ma non esaltante di Siviglia, considerato che comunque avevo finito bene, senza grossi patemi e senza risentimenti fisici eccessivi, avevo deciso di completare il filotto delle quattro maratone da ottobre, arrivando fino a Milano.
La data era anche abbastanza favorevole, poche settimane dopo Siviglia, considerato il periodo di riposo e lo scarico pre-gara, mi sarebbe bastato un solo lungo e una serie di allenamenti di mantenimento.
In effetti, tra ottobre e marzo, ho corso ben dieci volte distanze superiori ai 30 chilometri, comprese tre maratone complete.
Un periodo così continuo di adattamento alla lunga distanza, prima o poi o porta a infortunarsi, o porta i suoi frutti.
Il risultato su di me è stato prima di tutto a livello mentale, la distanza non mi mette nessuna ansia ultimamente, complice il fatto che forse solo un paio di volte in queste dieci (e mai in gara) sono arrivato alla fine stremato.
L'ultimo lungo da 30km però aveva avuto un esito non brillantissimo, con un po' di rallentamento nel finale e troppa stanchezza nei giorni successivi.
Arrivo a Milano comunque con poco da perdere, non ci sono in ballo grosse ambizioni cronometriche, so di essere poco distante dal passo del personale del 2014, ma allo stesso tempo di non poterlo sicuramente superare.
La tattica di gara è sempre la stessa delle ultime volte, sul quadrante del GPS visualizzo solo la frequenza cardiaca e la distanza.
Il passo non lo voglio guardare, la frequenza è una guida sufficiente e mi permette di interpretare meglio la giornata.
L'inizio è tranquillo, non ho nessun tipo di nervosismo, fin da subito si corre bene e fin da subito il percorso ci mette di fronte qualche strappetto in cui cerco di stare concentrato per non esagerare con l'impegno muscolare.
Riduco l'ampiezza del passo e mi lascio superare senza preoccupazione.
La città si lascia attraversare piacevolmente, il clima è favorevole, solo leggermente troppo caldo, ma le nuvole che coprono il sole danno una mano.
Qualche goccia di pioggia forse avrebbe aiutato, ma avrebbe anche tenuto lontane tante delle persone che si trovano lungo il percorso, e che sono sempre molto d'aiuto.
Percorro diversi chilometri dietro i palloncini delle 3 ore e 45, non per volontà, ma perchè sento che il passo giusto è lo stesso loro.
C'è troppa gente, e verso il decimo chilometro allungo un po' per superarli.
L'errore da principiante è subito palese, poco dopo c'è il ristoro, in cui cammino per qualche passo per bere con più facilità, e subito vengo di nuovo risucchiato nella mischia.
Sto tranquillo ancora qualche chilometro, poi, verso il sedicesimo, decido di tornare a sopravanzarli, davanti a loro la strada è decisamente più libera.
Questa volta riesco a restare davanti, anzi, pur sentendo che il mio passo è sempre confortevole, vedo che poco a poco rimangono qualche metro indietro.
Comincia una fase molto strana, in cui sento che le gambe girano facilmente, il cuore rimane sempre al posto giusto e io lascio fare.
In realtà poi l'analisi dei dati mi dirà che non ci sono state grosse variazioni di ritmo, ma le sensazioni sono ottime.
Nessun segnale di stanchezza, e siamo quasi al trentesimo chilometro.
Quando passo davanti alla terza zona cambio della staffetta, quella in cui avevo atteso lo scorso anno, mancano poco più di dieci chilometri e sono in pieno controllo, fisico e mentale.
Ancora più fiducia mi deriva dal fatto che da qui in poi conosco il percorso e il rivedere luoghi più familiari mi aiuta molto.
La mia testa analizza tutti i luoghi che attraverso, e tutta quest'ultima parte vive del confronto inconscio tra le sensazioni dello scorso anno, in cui in questi pochi chilometri si era concentrata tutta la mia gara, e quelle attuali, che sono invece di quasi fine della fatica.
Qualche maratona però l'ho già corsa, e so che il conto si può presentare ed essere salato in qualsiasi momento.
Quindi cerco di rimanere costante.
La solita analisi delle posizioni intermedie mi dirà che tra il rilevamento al decimo chilometro e l'arrivo, avrò guadagnato circa 600 posizioni, solo tenendo un passo costante.
So di non aver mai esagerato (me lo dicono le sensazioni e il controllo costante della frequenza cardiaca, mai fuori giri come invece era successo a Siviglia), mi sono ben idratato e mi sono bagnato ogni volta che mi era possibile.
Sto bene, per quanto si può stare bene negli ultimi chilometri di una maratona.
Passaggio al parco Sempione, so che manca davvero poco.
Cartello del quarantunesimo chilometro, vedo poco davanti l'amico Cristian, corre piano ma corre, nel passarlo lo saluto e mi rendo conto di avere ancora la possibilità di un ultimo chilometro in spinta.
Allora ci dò dentro.
So che i secondi che guadagnerò non avranno nessuno scopo per stare sotto qualche muro o per la classifica o per il personale, che è ben lontano.
Ci dò dentro per il gusto di farlo, per il gusto di finire forte una maratona, e conservarne il ricordo migliore possibile.
La salita dei bastioni di porta Venezia è dura, ma so che poi da lì è davvero finita, resta solo da godersi il rettilineo finale.
Paradossalmente, ne ho di più dello scorso anno, quando quasi non respiravo in quel punto.
All'inizio della discesa ci sono i cartelli che indicano la distanza dell'arrivo, dai 500 metri a scalare.
Ancora di più un'iniezione di energia.
Sarà il chilometro di gran lunga più veloce di tutta la maratona, corso in meno di 4 minuti e mezzo.
Alzo le braccia per tagliare il traguardo, nessun risultato trascendentale, ma mi sono divertito.
Eccome, se mi sono divertito.
Scrivendo questo resoconto a qualche giorno di distanza, non posso non annotare il fatto che per la prima volta dopo quindici maratone, già dal lunedi non ho nessun tipo di dolore muscolare, le gambe sono stanche ma assolutamente rilassate.
Il dubbio che avrei potuto fare di più, un po' mi viene, ma tutto sommato va benissimo così, sono convinto che la gestione sia stata ottima, magari avrei potuto limare qualcosa, ma il confine tra il dare il massimo e lo sbattere contro il muro a volte è molto sottile, e di gran lunga preferisco finire con la sensazione che avrei potuto andare un pochino più forte, piuttosto che col rimpianto di aver esagerato nella prima parte, costringendomi a un calvario nella seconda.
Filotto completato, quattro maratone corse da ottobre, tempi modesti, tutti tra le tre ore e 40 e le tre ore e 50, ma mai un crampo e mai un muro.
Adesso comincia una fase di rigenerazione e potenziamento, qualche salita in vista della val di Fassa e poi con tranquillità si pensa all'autunno